SPE163: Elementi di Quality Management per le Esperienze  

Di Ignazio Caloggero

Mod. 1: Concetti Base

CENTRO STUDI HELIOS

Sommario

Premessa. 2

Lezione 1. Il Concetto di Processo 4

Lezione 2. Dai servizi alle Emozioni 9

Lezione 3. Definizioni di Qualità (2 ore) 17

Lezione 4. Le Aspettative (Bisogni) 28

Lezione 5. Il concetto di rischio 36

Lezione 6. Altri termini e concetti base per la qualità 40

 

Premessa.

Il corso è tratto dal manuale “Elementi di Quality Management per le Esperienze di Ignazio Caloggero.

Il corso approfondisce, espande e integra i contenuti del volume cartaceo in commercio. Per favorire la lettura del volume agli studiosi e alle parti interessate, è possibile scaricare gratuitamente un estratto, dal sito di ACADEMIA.EDU. Maggiori info e link per scaricare il volume al seguente indirizzo web:

4) Elementi di Quality Management per le Esperienze – Itinerari Esperienziali

Il corso affronta i concetti trasversali del Quality Management, con particolare attenzione ai fattori di qualità generale che meglio si adattano all’insieme delle attività esperienziali e interpretative.

Partendo dalla definizione di qualità intesa come “la capacità di un insieme di caratteristiche inerenti a un’entità di confermare le aspettative ad essa riferibili da tutte le parti interessate, il manuale associa il concetto di entità alle esperienze, chiarisce e definisce il significato di parti interessate e aspettative, e individuale caratteristiche, intese come fattori della qualità che fungono da elementi attivatori della qualità, ovvero le leve operative attraverso cui si soddisfano le attese di tutti gli attori coinvolti.

Il focus del corso è rivolto in particolare ai fattori di qualità generale, articolati secondo le principali dimensioni qualitative riconosciute nei modelli consolidati di Quality Management:

  • Qualità Tecnica
  • Qualità Relazionale
  • Qualità Organizzativa
  • Qualità Sociale

La trattazione dei fattori specifici relativi alla qualità esperienziale (principi esperienziali) e a quella interpretativa (principi interpretativi) è invece demandata ai manuali settoriali, dove tali elementi saranno analizzati in relazione ai rispettivi contesti di applicazione e agli indicatori specifici di riferimento.

Il corso si rivolge sia agli Specialisti delle Esperienze, sia agli Specialisti dell’Interpretazione del Patrimonio Culturale. Per questi ultimi, la conoscenza dei concetti legati all’interpretazione è imprescindibile per operare in modo consapevole ed efficace. Tuttavia, tali concetti risultano preziosi anche per gli specialisti delle esperienze, che, in presenza di attività a carattere culturale, potranno scegliere di integrare i principi interpretativi, rafforzando così l’efficacia e la profondità dell’esperienza nella sua globalità.

Il corso è stato sviluppato per essere il più possibile autoportante. Tuttavia, per una piena comprensione dei contenuti trattati, si ritiene propedeutica la conoscenza dei seguenti volumi (o dei corsi ad essi collegati) appartenenti alla collana “Manuali per il Turismo Esperienziale e l’Interpretazione del Patrimonio Culturale”:

Specialisti delle Esperienze

  • Alfabetizzazione Esperienziale

Specialisti dell’Interpretazione del Patrimonio Culturale

Oltre al volume sopra elencato, sono richiesti anche:

  • Heritage Interpretation: Origini, Fondamenti e Approcci Teorici
  • Heritage Interpretation: Applicazioni Pratiche e Criteri Operativi

 

Lezione 1. Il Concetto di Processo

Il concetto di processo

Quando si parla di Quality Management, il punto di partenza non può che essere il processo. Comprendere cosa sia un processo significa entrare nel cuore stesso del funzionamento di un’organizzazione.

Parlare di qualità senza considerare i processi equivale a occuparsi degli effetti senza analizzare le cause. La qualità si costruisce nei processi: è lì che si prevengono errori, si ottimizzano risorse, si migliora l’efficienza e si crea valore per il cliente.

Inoltre, un approccio per processi permette di misurare, controllare e migliorare ciò che si fa, dando struttura e metodo alla gestione della qualità. Per questo, la comprensione dei processi è il primo passo per la progettazione di esperienze orientate al miglioramento continuo.

Cos’è un processo

I processi sono aggregazioni strutturate di attività, anche eterogenee per natura, ma finalizzate al raggiungimento di uno stesso risultato atteso. L’approccio per processi comporta un cambiamento di prospettiva:

  • dallo “che cosa viene prodotto” al “come viene prodotto”;
  • dall’organizzazione verticale (funzionale) a una visione trasversale.

I processi sono infatti trasversali e interfunzionali, ovvero coinvolgono più funzioni o unità organizzative. In altre parole, più funzioni contribuiscono alla realizzazione di un processo, mentre ogni funzione è tipicamente associata a una singola area organizzativa.

Un’organizzazione che intende progettare e gestire percorsi esperienziali deve formalizzare i propri processi, definendo in maniera chiara la sequenza e le interazioni tra essi.

Definizioni normative di processo

  • UNI EN ISO 9004:2009: Processo: insieme di attività correlate o interagenti che trasformano elementi di ingresso in elementi di uscita.
  • UNI EN ISO 9000:2015: Processo: insieme di attività correlate o interagenti che utilizzano input per generare un risultato atteso.

In generale, gli input di un processo derivano dagli output di altri processi, secondo una logica sistemica e circolare.

Elementi costitutivi del processo

  • Input: Tutto ciò che proviene da altri processi, interni o esterni all’organizzazione, e che viene utilizzato come risorsa iniziale dal processo in esame (es. informazioni, materiali, richieste, conoscenze).
  • Fasi: Le attività e decisioni che, interagendo tra loro, determinano la trasformazione degli input in output. Ogni fase è un segmento logico del processo e contribuisce al valore finale.
  • Output: Il risultato finale del processo, generato attraverso le attività svolte. Può assumere forme diverse: un prodotto, un servizio, un documento, una comunicazione o qualsiasi altro esito misurabile.

Immagine che contiene testo, diagramma, Piano, Carattere Il contenuto generato dall'IA potrebbe non essere corretto.

Per una descrizione completa dei processi individuati, è necessario prendere in considerazione i seguenti elementi:

  • Identificazione del processo: Comprende la denominazione e una breve descrizione del processo, utile a comprenderne finalità e ambito di applicazione.
  • Responsabilità gestionale: Indicazione delle figure responsabili del processo e delle attività principali: chi fa cosa, con quali ruoli e compiti.
  • Obiettivi del processo: Esplicitazione degli scopi per cui il processo è stato pensato, in coerenza con le finalità dell’organizzazione.
  • Elementi principali di input: Tutti gli elementi di ingresso che attivano o alimentano il processo, come dati, informazioni, documenti, eventi o richieste provenienti da altri processi interni o da soggetti esterni.
  • Elementi principali di output: Gli elementi prodotti dal processo, ossia i risultati attesi: documenti, dati, servizi, comunicazioni o altri oggetti misurabili generati come esito del processo stesso.
  • Documentazione di riferimento: Norme, linee guida, procedure operative, modulistica o altri documenti utili alla corretta esecuzione e controllo del processo.
  • Schematizzazione delle interazioni: Eventuale rappresentazione grafica delle interazioni e dei collegamenti del processo con altri processi, utile per una visione sistemica e integrata.

Scomposizione dei processi nelle offerte esperienziali

Ogni processo può essere ulteriormente articolato in sottoprocessi o fasi operative, che ne specificano in modo dettagliato lo svolgimento. Questo approccio consente una maggiore chiarezza nella progettazione, gestione e valutazione delle attività, soprattutto nel caso di offerte esperienziali, che coinvolgono molteplici momenti, attori e risorse.

Ad esempio, nel caso di un’offerta esperienziale legata a un laboratorio creativo o sensoriale (artigianato, degustazione, cucina, arte, ecc.), il processo di erogazione dell’esperienza può essere suddiviso in diverse fasi o sottoprocessi come:

  • Accoglienza e introduzione all’esperienza: (registrazione partecipanti, presentazione del contesto e degli obiettivi, creazione dell’atmosfera)
  • Preparazione della location e dei materiali: (organizzazione degli spazi, preparazione delle attrezzature, ecc.)
  • Svolgimento dell’attività esperienziale: (fase immersiva: realizzazione del manufatto, degustazione guidata, interazione con il conduttore)
  • Chiusura e condivisione finale: (riflessione condivisa, restituzione di feedback, eventuale consegna di materiali o attestati)
  • Follow-up e valorizzazione post-esperienza: (invio di materiali, questionari di gradimento, condivisione social, inviti a esperienze future)

Questa scomposizione permette di mappare ogni fase in modo chiaro, attribuire responsabilità, individuare indicatori di qualità specifici e migliorare la coerenza e l’efficacia complessiva dell’esperienza offerta.

Tipologie di processi

Nel contesto della gestione organizzativa è possibile individuare diverse tipologie di processi, ciascuna con una funzione specifica. Di seguito sono descritti i principali:

1. Processi di gestione dell’organizzazione: Comprendono tutte le attività legate alla pianificazione strategica, alla definizione delle politiche, alla fissazione degli obiettivi, alla raccolta e diffusione delle informazioni e alla gestione delle risorse. Questi processi garantiscono la coerenza tra visione strategica e operatività.

2. Processi di gestione delle risorse: Riguardano l’insieme delle attività necessarie per assicurare la disponibilità delle risorse (umane, materiali, tecnologiche e finanziarie) indispensabili per il funzionamento dell’organizzazione, la produzione di beni e servizi e l’esecuzione delle attività di misurazione e controllo.

3. Processi realizzativi: Sono i processi che generano prodotti e servizi in base agli obiettivi dell’organizzazione. Si tratta delle attività core (o di “core business”) che trasformano gli input in output riconosciuti come valore dal cliente o utente finale.

4. Processi di misurazione, analisi e miglioramento: Comprendono le attività finalizzate a raccogliere dati, monitorare le prestazioni e attuare miglioramenti in termini di efficacia ed efficienza. Questi processi includono:

  • Misurazioni e monitoraggi
  • Attività di audit (verifiche interne ed esterne)
  • Azioni correttive e preventive

Essi sono trasversali rispetto agli altri processi e rappresentano un fattore critico per il miglioramento continuo.

Processi primari e secondari

Un’altra classificazione utile distingue i processi in primari (o operativi) e secondari (o di supporto):

  • Processi primari (operativi): Sono quei processi che generano direttamente valore per il cliente o utente esterno. Le loro prestazioni, in termini di qualità, tempi e costi, hanno un impatto diretto sulla soddisfazione dell’utente finale.
  • Processi secondari (di supporto): Non creano valore direttamente percepito dal cliente, ma sono essenziali per il funzionamento dell’organizzazione. Supportano i processi primari fornendo risorse, servizi, competenze o infrastrutture (es. amministrazione, gestione IT, formazione interna, manutenzione).

Questa classificazione è coerente con i principi del Total Quality Management e dei Sistemi di Gestione per la Qualità (es. ISO 9001), nei quali ogni processo, primario o secondario, dovrebbe essere mappato, monitorato e migliorato.

Lezione 2. Dai servizi alle Emozioni

Nota: I concetti espressi in questa lezione, pur già trattati in altri corsi, vengono riproposti per facilitare la comprensione dei temi affrontati nelle lezioni successive.

Il concetto di servizio.

Nel corso della storia economica, il modo in cui le società hanno prodotto, distribuito e attribuito valore è profondamente cambiato, seguendo un’evoluzione che ha visto il passaggio attraverso diverse “economie dominanti”.

La prima fase è quella dell’economia agricola, in cui il valore si fondava sulla terra e sulle materie prime. In questo contesto, il lavoro umano era dedicato principalmente alla coltivazione, all’allevamento e alla raccolta di ciò che la natura offriva. Le commodities – come grano, legname o lana – costituivano l’output economico fondamentale.

Con la rivoluzione industriale, si afferma l’economia industriale: il valore si sposta dalla materia alla trasformazione dei beni. Le fabbriche, la produzione di massa e la diffusione di beni standardizzati diventano il motore dello sviluppo. L’oggetto prodotto – l’auto, il vestito, la sedia – è al centro dello scambio economico.

Dalla seconda metà del Novecento si diffonde progressivamente l’economia dei servizi, dove ciò che conta non è più possedere un bene, ma accedere a una prestazione: un viaggio, una consulenza, un’assistenza, un’esperienza di consumo. L’intangibile prende il posto del tangibile, e il valore si misura nella qualità della relazione e dell’utilità percepita.

Vediamo alcune definizioni di servizio:

“Lavorare per il beneficio di qualcuno” (Juran)

“Comportamento umano o attività con obiettivi specifici e processi, il cui scopo è soddisfare i bisogni del cliente” (Rosander)

“parte dell’attività umana destinata alla soddisfazione di un bisogno umano, ma che non si presenta sotto forma di un bene materiale” (Dizionario Larousse)

Possiamo osservare come quest’ultima definizione si avvicina alla seguente definizione formale:

La norma ISO 9000 del 2005 (Fondamenti e Terminologia) fornisce la seguente definizione:

Servizio: Prodotto intangibile, risultato di almeno una attività effettuata all’interfaccia tra il fornitore ed il cliente.

Tale definizione è stata aggiornata con la revisione del 2015 della UNI EN ISO 9000:

Servizio: Output di un’ organizzazione con almeno necessariamente effettuata all’interfaccia tra l’organizzazione e il cliente.

Seguono le note seguenti:

  • Gli elementi dominanti di un servizio sono generalmente intangibili.
  • Il servizio spesso comporta attività all’interfaccia con il cliente per stabilire i requisiti del cliente stesso così come all’atto dell’erogazione del servizio, e può comportare una relazione continua, come con le organizzazioni finanziarie o di contabilità o pubbliche, per esempio, scuole od ospedali
  • erogazione di un servizio può comportare, per esempio, quanto segue:
    • un’attività eseguita su un prodotto tangibile fornito dal cliente (per esempio, un’automobile da riparare);
    • un’attività eseguita su un prodotto intangibile fornito dal cliente (per esempio, la dichiarazione dei redditi per richiedere un rimborso fiscale};
    • la consegna di un prodotto intangibile (per esempio, la fornitura di informazioni nel contesto della trasmissione di conoscenze);
    • la realizzazione di un ambiente per il cliente (per esempio, nel settore alberghiero e della ristorazione).
  • Un servizio è generalmente sperimentato dal cliente

A differenza dei beni materiali, i servizi non si esauriscono nella fornitura di un prodotto tangibile, bensì si concentrano sulla prestazione offerta, che può comprendere interazioni, assistenza, consulenza o altri tipi di attività immateriali. Il prodotto fisico, se presente, rappresenta solo un supporto secondario all’esperienza del servizio.

Caratteristiche Distintive dei Servizi

I servizi si differenziano dai beni tradizionali per alcune caratteristiche fondamentali:

  • Intangibilità: I servizi non sono oggetti materiali. Non possono essere toccati o esaminati fisicamente prima dell’acquisto.

Esempio: Un cellulare è un bene tangibile, visibile e valutabile prima dell’acquisto. Una visita medica specialistica, invece, è immateriale: ciò che si “riceve” è una prestazione, anche se può concludersi con un referto (supporto tangibile).

  • Non conservabilità: I servizi non possono essere immagazzinati o prodotti in anticipo per essere distribuiti successivamente.

Esempio: Un prodotto come uno smartphone può essere stoccato e venduto in un secondo momento; una consulenza psicologica, invece, esiste solo nel momento in cui viene erogata.

  • Eterogeneità (variabilità): I servizi sono difficili da standardizzare perché dipendono da numerosi fattori: umani, emotivi, contestuali.

Esempio: Un trattamento fisioterapico, pur seguendo lo stesso protocollo, può variare enormemente da paziente a paziente, e persino per lo stesso paziente in momenti diversi. L’interazione tra professionista e cliente è sempre unica e soggetta a variabilità.

  • Inseparabilità tra produzione e consumo: A differenza dei beni, nei servizi la produzione e il consumo avvengono spesso contemporaneamente e in presenza del cliente.

Esempio: Un massaggio, un taglio di capelli o una lezione frontale non possono essere “prodotti” in anticipo: esistono solo durante l’interazione con il destinatario.

  • Ruolo attivo del cliente: Nei servizi, il cliente non è un semplice destinatario, ma partecipa attivamente alla creazione dell’esperienza.

Esempio: In un percorso riabilitativo, il risultato dipende anche dalla collaborazione del paziente, dal suo impegno, dal feedback e dalla relazione instaurata con il professionista.

Queste caratteristiche rendono il servizio più complesso da progettare, gestire e valutare rispetto a un prodotto materiale.

Nel servizio è spesso prevalente, o comunque importante, l’attività di “front-office”

Front Office (detto talvolta anche Front line), indica l’insieme delle strutture di un’organizzazione che gestiscono l’interazione con il cliente. Ad esempio, in un’azienda, le divisioni marketing e vendite; stesso in una Pubblica Amministrazione, l’Ufficio per le relazioni con il pubblico e, più in generale, le funzioni di sportello. In alcuni casi il front office è costituito dall’insieme di determinati settori che sono: il ricevimento e centralino, la portineria, la cassa e la segreteria; ovvero tutti quei settori che hanno un rapporto diretto con il cliente e che interagiscono tra loro unendo i diversi settori dell’azienda.

Il Front Office Si contrappone al Back office (letteralmente dietro ufficio, nel significato di retro-ufficio) è quella parte di un’azienda (o di un’organizzazione) che comprende tutte le attività proprie dell’azienda, come il sistema di produzione o la gestione. Il back office comprende sia le attività di gestione dell’organizzazione (Affari Generali, Personale), sia quelle di gestione dei procedimenti amministrativi. In pratica, il back office è tutto ciò che il cliente (o l’utente) non vede, ma che consente la realizzazione dei prodotti o dei servizi a lui destinati.

I termini suddetti derivano dalla configurazione delle prime società, dove il front office conteneva il reparto vendite e pochi settori legati all’assistenza al cliente, mentre il back office conteneva i reparti solitamente preclusi al pubblico: produzione, sviluppo o amministrazione.

Dai servizi alle emozioni

Da alcuni anni stiamo assistendo alla nascita e allo sviluppo di una quarta economia, quella delle esperienze, dove ciò che si acquista non è un bene né un servizio in senso tradizionale, ma un evento progettato per coinvolgere, emozionare, trasformare.

Le esperienze oggi costituiscono delle vere e proprie offerte economiche rivolte a un pubblico che può assumere diversi ruoli: clienti, turisti, ospiti o, più semplicemente, fruitori dell’esperienza. Proprio per questo è opportuno ripensare e aggiornare il concetto stesso di “offerta economica”.

Secondo Pine e Gilmore, autori de L’economia delle Esperienze. Oltre il Servizio (1999-2013), le offerte economiche si distinguono in quattro categorie principali:

  • Materie prime (commodity): materiali grezzi e fungibili estratti dalla natura, di origine animale, vegetale o minerale;
  • Beni: oggetti tangibili trasformati dalle materie prime;
  • Servizi: attività intangibili che aggiungono valore all’uso dei beni;
  • Esperienze: eventi progettati per coinvolgere la persona a livello personale, sensoriale ed emotivo, creando ricordi memorabili.

È importante sottolineare che le esperienze, pur essendo sempre esistite, sono state a lungo considerate una semplice estensione dei servizi. Pine e Gilmore hanno invece proposto una distinzione netta tra queste tipologie, attribuendo alle esperienze un valore economico e strategico autonomo.

Secondo gli autori, l’economia delle esperienze si sviluppa in risposta a fattori come:

  • l’evoluzione tecnologica,
  • l’intensificarsi della concorrenza tra le imprese,
  • l’aumento del benessere economico nei Paesi industrializzati.

In questo contesto, il XXI secolo viene identificato come l’epoca della centralità dell’esperienza, in cui le imprese dovranno sempre più saper “mettere in scena” eventi capaci di coinvolgere profondamente i propri clienti.

Immagine che contiene testo, armadietto Descrizione generata automaticamente
Fonte: Pine e Gilmore [L’economia delle Esperienza]

Un Esempio: la Tazzina di Caffè

Per comprendere meglio la progressione del valore economico lungo queste quattro fasi, vediamo un esempio divenuto celebre: quello del caffè.

Consideriamo il costo del caffè necessario a preparare una tazzina di caffè (circa sette grammi di caffè per una tazzina). Escludiamo per semplicità i costi aggiuntivi legati all’aggiunta di zucchero e alla preparazione dello stesso. I costi sono ovviamente, puramente orientativi.

Costo di una tazzina di caffè

  • Materia prima: (circa 7 grammi di caffè) costo circa 1-2 centesimi
  • Bene di consumo (caffè impacchettato e venduto al supermercato): Tazzina di Caffè fatto in casa con la classica moka dieci centesimi circa
  • Servizio: Tazzina di caffè al bar 1 euro circa
  • Esperienza: Tazzina di caffè al Caffè Florian in Piazza San marco a Venezia (c’è chi ritiene di aver pagato dai 7 ai 10 euro a tazzina)

In quest’ultimo caso, il cliente non paga solo la bevanda: ciò che viene acquistato è l’intera esperienza, composta dalla location storica, dall’atmosfera, dal servizio personalizzato e dalla percezione simbolica del luogo.

Caratteristiche Distintive delle Esperienze

Abbiamo visto le caratteristiche che differenziano i servizi dai beni materiali, rivediamo il tutto sostituendo le esperienze ai servizi. Le esperienze, in quanto forma evoluta di offerta economica, si distinguono in modo netto sia dai beni materiali sia dai servizi tradizionali. A differenza dei beni, le esperienze non si possiedono né si conservano: si vivono. Hanno una natura emotiva, relazionale e contestuale, e richiedono la presenza attiva del partecipante.

Ecco le cinque caratteristiche principali delle esperienze, confrontate con i beni materiali nel contesto turistico e culturale:

  • Intangibilità trasformativa: Le esperienze sono immateriali: non si possono toccare, conservare, fotografare prima della fruizione. Tuttavia, lasciano tracce emotive e cognitive nella memoria del partecipante.

Esempio: Un libro guida acquistato in un museo è un bene materiale; partecipare a una visita teatralizzata che unisce narrazione, musica e coinvolgimento diretto è un’esperienza intangibile, che può trasformare la percezione del luogo e generare ricordi duraturi.

  • Non conservabilità: Un’esperienza non può essere immagazzinata o duplicata: esiste solo nel momento in cui viene vissuta. Non è replicabile in modo identico.

Esempio: Una bottiglia di vino acquistata da un’enoteca può essere conservata nel tempo; una degustazione immersiva guidata dal vignaiolo, svolta tra i filari al tramonto, è irripetibile nel suo insieme di condizioni, emozioni e contesto.

  • Variabilità (eterogeneità): Ogni esperienza è unica e irripetibile, perché dipende da fattori umani, ambientali e relazionali. Non esistono due esperienze perfettamente identiche, anche se il format è lo stesso.

Esempio: Due escursioni sullo stesso sentiero, con la stessa guida, possono essere profondamente diverse in base al clima, al gruppo, all’interazione, allo stato d’animo dei partecipanti.

  • Inseparabilità tra erogazione e fruizione: L’esperienza nasce nell’interazione diretta tra chi la propone e chi la vive. Non può essere separata dal momento e dal luogo in cui accade.

Esempio: Un souvenir può essere prodotto, acquistato e portato altrove. Ma un’esperienza come una cena narrativa in un sito archeologico avviene solo in quel luogo, in quel momento, nella relazione tra ambiente, cibo, narrazione e persone presenti.

  • Partecipazione attiva del visitatore: Il fruitore di un’esperienza non è mai un semplice spettatore: è parte integrante dell’evento. Il suo coinvolgimento, le sue emozioni e le sue interazioni contribuiscono a costruire l’esperienza stessa.

Esempio: In una mostra interattiva o in un laboratorio artigianale, il visitatore co-crea il significato dell’esperienza attraverso le sue azioni, domande, scelte e percezioni.

Lezione 3. Definizioni di Qualità (2 ore)

Qualità Esperienziale

L’origine della saggezza è la definizione dei termini (Socrate)

I termini “Qualità” ed “Esperienza” condividono un destino comune: sono ampiamente utilizzati, talvolta abusati, e spesso impiegati senza una chiara comprensione del loro contenuto. Il significato che viene loro attribuito ricorda ciò che Benedetto Croce affermava a proposito dell’arte: “è ciò che tutti sanno cos’è”. In assenza di una definizione formale, questi concetti vengono identificati in base a ciò che la società tende a riconoscere e percepire come tali.

Il concetto di esperienza è stato discusso in modo approfondito nel primo volume di questa collana dedicato alla “Alfabetizzazione Esperienziale” rivediamo le seguenti definizioni:

Esperienza: Evento multisensoriale che attiva i sensi e stimola le emozioni.

Esperienza Culturale: Evento multisensoriale che attiva i sensi, stimola le emozioni e che permette di approfondire la conoscenza di elementi legati all’identità culturale.

La norma ISO 9000:2005 (Fondamenti e vocabolario) fornisce la seguente definizione:

Qualità: Capacità di un insieme di caratteristiche inerenti ad un prodotto, sistema, o processo di ottemperare a requisiti di clienti e di altre parti interessate.

La definizione è stata rivista con la nuova revisione della UNI EN ISO 9000:2015

Qualità: Grado in cui un insieme di caratteristiche intrinseche di un oggetto soddisfa i requisiti

Questa ultima definizione si avvicina maggiormente alla definizione da me utilizzata sin dal 2013:

Qualità: Capacità di un insieme di caratteristiche inerenti una entità di confermare le

aspettative ad essa riferibili da tutte le parti interessate

Possiamo adattare questa definizione al concetto di qualità esperienziale.

Qualità esperienziale (Cosa): Capacità di un insieme di caratteristiche inerenti a un’ esperienza di rispondere alle aspettative di tutte le parti interessate

 

A partire da questa definizione, emerge la necessità di identificare i seguenti aspetti in relazione al concetto di qualità esperienziale.

  • Le esperienze (A Cosa): Rappresentano il contesto di applicazione della qualità, ovvero l’insieme delle attività delineate nel Repertorio delle Attività Esperienziali.
  • Le parti interessate (A Chi): Coloro che esprimono le aspettative o i bisogni. Semplificando, possiamo riferirci ai fruitori delle offerte esperienziali, quali clienti, utenti, turisti, visitatori, ospiti o partecipanti.
  • Le caratteristiche (Con che cosa): I fattori della qualità esperienziale, ovvero gli elementi da attivare per soddisfare le aspettative delle parti interessate. Questi includono sia i Principi Esperienziali, sia altre dimensioni qualitative ampiamente riconosciute nei modelli di Quality Management, come la Qualità Tecnica, Relazionale, Organizzativa e Sociale.
  • Le Aspettative (Bisogni): Rappresentano ciò che le parti interessate si attendono dall’esperienza. Nel caso delle offerte esperienziali, si possono identificare come i bisogni espressi e le modalità con cui l’esperienza viene erogata per soddisfarli.

Rafforziamo la definizione appena proposta affermando che la qualità implica anche la capacità di raggiungere gli obiettivi prefissati (efficacia). Tuttavia, questo risultato dovrebbe essere conseguito nel miglior modo possibile, ovvero con un uso ottimale delle risorse disponibili. Quando le risorse umane, materiali e finanziarie sono limitate, diventa infatti fondamentale puntare sull’efficienza, intesa come capacità di ottenere il massimo risultato con il minimo impiego di mezzi.

La qualità viene spesso associata esclusivamente alla soddisfazione del cliente, ma è importante ricordare che una definizione più ampia deve considerare anche le esigenze di altre parti interessate. Per applicare il concetto di qualità in senso esteso, è necessario tenere conto di chiunque esprima requisiti, ossia esigenze o bisogni, in relazione all’oggetto della valutazione (che può essere un prodotto, un servizio, un processo, un’organizzazione, un’attività, ecc.).

Di conseguenza, anziché riferirsi genericamente al “cliente”, sarebbe più appropriato utilizzare l’espressione “Sistema Cliente”, o ancor meglio, “Sistema Interessato”, che include tutte le entità (persone, gruppi o organizzazioni) che hanno aspettative, dirette o indirette, rispetto alla qualità dell’entità in esame.

Alcuni esempi.

Cellulare

Consideriamo l’entità “cellulare”. In questo caso, il cliente è rappresentato da colui che acquista il dispositivo, pagandone il prezzo. È facile comprendere come il soggetto pagante, ovvero il committente, rientri a pieno titolo nel Sistema Cliente, in quanto esprime aspettative dirette sul prodotto/servizio offerto.

Formazione

Un altro esempio riguarda il servizio formativo erogato nell’ambito di un corso finanziato dallo Stato e rivolto a lavoratori. In questo caso:

  • Il committente è lo Stato, che finanzia l’attività formativa. In quanto tale, è parte integrante del Sistema Cliente.
  • Le aziende di provenienza degli allievi hanno a loro volta aspettative specifiche, come il miglioramento delle competenze professionali dei propri dipendenti. Anche esse, pertanto, rientrano nel Sistema Cliente.
  • Infine, non si possono trascurare gli allievi stessi, i diretti fruitori del corso, le cui aspettative, in termini di apprendimento, crescita personale e spendibilità delle competenze, sono spesso le più rilevanti. Anche loro fanno parte del Sistema Cliente.

Ragionando in termini di aspettative, possiamo estendere questo approccio ad altri contesti. Ad esempio, nel caso della scuola pubblica, rientrano nel Sistema Cliente non solo gli studenti, ma anche le famiglie, la comunità e, più in generale, la società nel suo complesso, che attribuisce alla scuola un ruolo educativo, formativo e culturale.

Struttura ricettiva (albergo)

Immagine che contiene testo, interni Descrizione generata automaticamente

In questo caso, l’entità alla quale si applica il concetto di qualità è l’organizzazione che gestisce la struttura alberghiera. Tale entità è responsabile di una serie di fattori che incidono direttamente sulla qualità percepita dalle parti interessate, tra cui l’ospite, che rappresenta una figura centrale. Le sue aspettative possono riguardare:

  • Accessibilità e chiarezza nella comunicazione
  • Comfort e accoglienza
  • Pulizia, sicurezza e affidabilità
  • Cortesia e competenza del personale

Bene culturale (museo)

Immagine che contiene interni, pavimento, stanza Descrizione generata automaticamente

Nel contesto museale, l’entità può essere rappresentata sia dalla struttura organizzativa che gestisce il museo, sia dall’insieme delle opere esposte. Una delle principali parti interessate è il visitatore, le cui aspettative possono includere:

  • Informazioni corrette e accessibili sul museo e sulle opere
  • Accessibilità fisica (parcheggi, orari adeguati, assenza di barriere architettoniche)
  • Equità dei costi (biglietti a prezzi accessibili)
  • Cortesia e preparazione del personale
  • Servizi complementari (servizi igienici, punti di ristoro, bookshop, ecc.)

Patrimonio Culturale (territorio)

Anche un territorio, come ad esempio un centro storico o un’area vasta che comprende beni culturali, può essere considerato un’entità complessa alla quale applicare il concetto di qualità. Tale territorio può includere:

  • Beni culturali tangibili, come siti storici, opere d’arte, ambienti naturalistici, aree archeologiche e musei;
  • Beni culturali intangibili, quali il folklore, il patrimonio enogastronomico, le tradizioni locali e l’artigianato tipico.

Un esempio emblematico è il sito UNESCO “Le Città Tardo Barocche del Val di Noto”, che abbraccia otto comuni in una vasta area della Sicilia sud-orientale: un sistema territoriale complesso, ricco di significati culturali, artistici e sociali.

In questo contesto, le sotto-entità a cui applicare il concetto di qualità sono molteplici:

  • i monumenti e le organizzazioni che li gestiscono,
  • gli enti pubblici e privati con funzioni di tutela o promozione,
  • le infrastrutture di accesso e le strutture ricettive,
  • l’offerta culturale, i servizi turistici e persino il paesaggio urbano e rurale nel suo insieme.

Tra le principali parti interessate, si possono includere:

  • i turisti e i visitatori, che desiderano scoprire il territorio e fruire della sua offerta culturale;
  • la comunità residente, portatrice di valori, identità, bisogni e aspettative legate alla vivibilità, all’equilibrio tra sviluppo e tutela, alla qualità della vita;
  • le istituzioni nazionali e internazionali, come l’UNESCO, che con l’iscrizione alla Lista del Patrimonio Mondiale assume un ruolo attivo nella definizione di obiettivi e standard di qualità per la conservazione e valorizzazione del sito.

Non va dimenticato che il patrimonio culturale è, per sua natura, collettivo e transgenerazionale: appartiene non solo al presente, ma anche al futuro. Il nostro legittimo diritto di fruire del patrimonio culturale non deve mai oscurare un dovere fondamentale: trasmetterlo integro alle generazioni future. Il nostro approccio dovrebbe essere orientato a una responsabilità etica: rispettare il presente, agendo in nome del futuro.

Dobbiamo essere consapevoli che noi stessi rappresentiamo ciò che il futuro troverà. Custodire il patrimonio significa essere ponte tra ciò che è stato e ciò che sarà.

I dieci Principi Esperienziali

Come chiarito nel manuale “Alfabetizzazione Esperienziale – Manuali per la Patente Internazionale delle Esperienze (International Experience Licence) i dieci principi esperienziali che sono alla base delle attività esperienziali, costituiscono una sintesi evoluta e una rilettura integrata di tre modelli teorici di riferimento che hanno segnato lo sviluppo del pensiero esperienziale:

  1. il modello dei cinque moduli esperienziali elaborato da Bernd H. Schmitt;
  2. la teoria dei Quattro Ambiti dell’Esperienza proposta da Pine e Gilmore;
  3. il modello teatrale dell’esperienza, che interpreta ogni esperienza come una messa in scena in cui l’ospite assume un ruolo attivo e immersivo.

Questi tre approcci, pur distinti tra loro per origine e finalità, convergono nei principi esperienziali di seguito elencati , i quali offrono una base concettuale e operativa unificata per progettare, valutare e valorizzare le esperienze in ambito turistico e culturale.

Ecco i dieci principi esperienziali.

P1. Approccio Multisensoriale: L’esperienza deve essere, il più possibile di tipo multisensoriale.

P2. Approccio culturale: L’esperienza dovrebbe permettere di approfondire la conoscenza di elementi di identità culturale

P3. Unicità: L’esperienza deve presentare caratteristiche di unicità.

P4. Approccio Relazionale: L’esperienza dovrebbe essere basata sulle relazioni, ponendo al centro l’unicità delle persone.

P5. Partecipazione: L’esperienza dovrebbe prevedere la partecipazione diretta, dei partecipanti ad alcune attività.

P6. Apprendimento esperienziale: L’esperienza dovrebbe prevedere una fase di apprendimento di tipo esperienziale.

P7. Approccio tematico: L’esperienza dovrebbe essere costruita a partire da un tema che la caratterizza e che ne costituisce il filo conduttore.

P8. Approccio estetico: L’estetica dell’esperienza dovrebbe essere attentamente curata.

P9. Intrattenimento: Ogni esperienza dovrebbe anche prevedere dei momenti di intrattenimento che arricchiscono e rendono piacevole l’esperienza.

P10. Immersione: L’esperienza dovrebbe riuscire a creare ambienti o situazioni capaci di avvolgere il partecipante, ridurre le distrazioni e generare una sensazione di piena presenza e coinvolgimento attraverso la sinergia dei sensi.

Qualità Interpretativa

Questa sottosezione si riferisce alle conoscenze necessarie per gli Specialisti in Interpretazione del Patrimonio Culturale.

In questo ambito, le conoscenze propedeutiche indispensabili per comprendere gli aspetti applicativi dell’Interpretazione del Patrimonio Culturale sono contenute, oltre che nel manuale base Alfabetizzazione Esperienziale, nei due volumi fondamentali della collana Manuali per il Turismo Esperienziale e l’Interpretazione del Patrimonio Culturale e nei corsi base ad essi collegati:

  • Heritage Interpretation: Origini, Fondamenti e Approcci Teorici
  • Heritage Interpretation: Applicazioni Pratiche e Criteri Operativi

Si ricorda, a tal proposito, la seguente definizione:

Esperienza Interpretativa: Esperienza culturale, educativa, ermeneutica e sistemica che, attraverso il coinvolgimento sensoriale, emotivo e comunicativo integrato, mira a rivelare il significato più profondo delle cose, trasformando la comprensione in una connessione autentica con il patrimonio culturale.

La definizione di Qualità Esperienziale risulta adeguata per quelle esperienze che presentano prevalentemente un carattere commerciale, nelle quali gli elementi culturali vengono utilizzati soprattutto come sfondo tematico o scenografico.

Tuttavia, per le esperienze interpretative – concepite con l’obiettivo di educare, informare e promuovere una comprensione autentica, profonda e contestualizzata del patrimonio culturale, ponendo al centro contenuti, significati e connessioni – è necessario estendere tale definizione, includendo le attività delineate nel Repertorio delle Attività e dei Servizi Interpretativi.

Qualità Interpretativa (Cosa): Capacità di un insieme di caratteristiche inerenti a un’esperienza interpretativa di rispondere alle aspettative di tutte le parti interessate.

Inoltre, le caratteristiche (Con che cosa) che definiscono la qualità interpretativa devono includere i principi dell’Heritage Interpretation, intesi come fattori di qualità interpretativa, i quali non solo integrano, ma anche ampliano e approfondiscono i dieci principi esperienziali alla base delle esperienze classiche.

I 18 Principi Interpretativi

Si ricorda che i diciotto Principi dell’Interpretazione derivano da una rielaborazione critica e integrata dei concetti sviluppati dai “padri” dell’interpretazione – Ralph Waldo Emerson, Henry David Thoreau, John Muir, Liberty Hyde Bailey, Enos A. Mills e Charles Matthias Goethe, Ansel Franklin Hall – e dei contributi teorici offerti da autori come Freeman Tilden, William J. Lewis, Donald R. Field, J. Alan Wagar, Sam Ham, Larry Beck, Ted T. Cable e John A. Veverka[1]. Ecco i diciotto principi dell’interpretazione.

1. Approccio Multisensoriale: L’interpretazione deve essere, il più possibile di tipo multisensoriale.

2. Approccio culturale: L’interpretazione deve permettere di approfondire la conoscenza di elementi di identità culturale legati al patrimonio.

3. Unicità: L’interpretazione deve presentare caratteristiche di unicità.

4. Approccio Relazionale: L’interpretazione deve essere basata sulle relazioni, ponendo al centro l’unicità delle persone.

5. Partecipazione: il percorso di esperienza di Interpretazione deve prevedere la partecipazione diretta, dei partecipanti ad alcune attività.

6. Processo educativo (Apprendimento esperienziale): L’Interpretazione deve prevedere una fase di apprendimento di tipo esperienziale.

7. Approccio tematico: ogni interpretazione dovrà essere costruita a partire da un tema che la caratterizza e che ne costituisce il filo conduttore.

8. Approccio estetico: L’estetica dell’interpretazione deve essere attentamente curata.

9. Intrattenimento: Ogni percorso di interpretazione dovrebbe anche prevedere dei momenti di intrattenimento che arricchiscono e rendono piacevole l’esperienza.

10. Immersione: Il principio di immersione si realizza prevalentemente attraverso la combinazione di multisensorialità, partecipazione diretta, approccio estetico e approccio tematico.

11. Rivelazione (comunicazione ermeneutica): L’interpretazione è un processo comunicativo di tipo ermeneutico che mira a rivelare il significato più profondo delle cose.

12. Provocazione (comunicazione basata sulla provocazione): il processo comunicativo che permette all’interprete di svelare (non insegnare) e al partecipante del percorso di esperienza di scoprire (non a imparare).

13. Approccio sistemico (visione olistica): L’interpretazione deve avvenire con un approccio olistico che tenga conto di tutti gli aspetti e delle relazioni dell’intero contesto in cui si si vengono a trovare i tre elementi del Triangolo Interpretativo: l’interprete (o il processo di interpretazione), il fenomeno (Patrimonio interpretativo) e il partecipante.

14. Approccio su misura: Ogni interpretazione deve essere adattata al pubblico specifico, considerando variabili come età, livello di istruzione, interessi personali e bisogni particolari.

15. Approccio creativo.

16. Interpretazione fondata sui fatti: L’interpretazione deve avere all’origine fatti e luoghi concreti.

17. Semplicità e coerenza comunicativa.

18. Connessione emotiva (passione): L’interprete deve amare l’oggetto dell’interpretazione.

Come ampiamente chiarito nel volume “Heritage Interpretation : Origini, Fondamenti e Approcci Teorici”, i primi dieci principi non sono altro che i principi del percorso esperienziale[2]. Una esperienza interpretativa è una forma specifica di esperienza, caratterizza dall’integrazione di due componenti fondamentali: una componente prettamente esperienziale, basata sui principi da 1 a 10, e una componente specificamente interpretativa, fondata sui principi da 11 a 18. Tuttavia, i soli elementi interpretativi non sono sufficienti per definire una esperienza interpretativa completa; è indispensabile che questi siano accompagnati dalla dimensione esperienziale.

Per questa ragione, si potrà utilizzare talvolta il termine Esperienza per riferirsi alle esperienze interpretative, ma sarà sempre evidente dal contesto che si sta parlando di un percorso interpretativo, inteso come un’esperienza arricchita da una dimensione comunicativa che svela significati profondi e connessioni tra il patrimonio e i partecipanti.

Immagine che contiene elettronico Descrizione generata automaticamente

 

Lezione 4. Le Aspettative (Bisogni)

Le Aspettative (Bisogni)

Le Aspettative (Bisogni), rappresentano ciò che le parti interessate si attendono dall’esperienza. Le Aspettative possono essere:

Aspettative esplicite

Le aspettative esplicite sono le più semplici da individuare, in quanto corrispondono a ciò che il pubblico si aspetta di ricevere in modo chiaro e dichiarato. Proprio per questo, dovrebbero essere comunicate in modo trasparente e dettagliato durante la promozione dell’offerta esperienziale, attraverso tutti i canali di comunicazione utilizzati (sito web, brochure, social media, menù, segnaletica, ecc.).

Ad esempio:

  • In un’esperienza gastronomica, un menù pubblicato online dovrebbe indicare con chiarezza i piatti previsti, gli orari, la durata dell’evento e le eventuali restrizioni alimentari gestite.
  • In una visita guidata, la descrizione sul sito dovrebbe specificare la lingua della guida, la durata dell’esperienza, il punto di ritrovo, il livello di difficoltà del percorso e cosa è incluso (es. biglietto d’ingresso, degustazione, materiali informativi).
  • In una esperienza benessere, le aspettative esplicite possono riguardare la durata del trattamento, il tipo di prodotti utilizzati, il tipo di ambientazione (indoor/outdoor) e l’eventuale disponibilità di servizi aggiuntivi (tisana, area relax, ecc.).

Comunicare correttamente le aspettative esplicite aiuta a:

  • prevenire fraintendimenti o insoddisfazione da parte dei partecipanti;
  • rafforzare la fiducia verso il fornitore dell’esperienza;
  • garantire coerenza tra ciò che viene promesso e ciò che viene realmente offerto.

In caso di percorso esperienziale del tipo “Dinner Experience”, le esigenze alimentari (allergie, intolleranze, diversi regimi alimentari, presenza di bambini, ecc.) di norma dovrebbero essere esplicitamente dichiarate dai partecipanti o comunque da un referente che richiede il servizio. Purtroppo, non sempre avviene per cui è opportuno tenerne conto di sede di contatti preventivi all’offerta enogastronomica o comunicazione tramite web, dépliant informativi e menu.

Aspettative implicite

Le aspettative implicite sono quelle che difficilmente saranno esplicitate anche se costituiscono le basi della stessa offerta (esperienza).

Il partecipante al percorso di esperienza probabilmente non dichiarerà esplicitamente ma in funzione del tipo di evento, potranno fa parte delle sue aspettative alcuni dei seguenti aspetti:

  • Divertimento
  • cortesia
  • accoglienza
  • rispetto dei contenuti del servizio promesso
  • rispetto dei tempi prestabiliti
  • difficoltà delle attività costituenti l’esperienza che siano compatibili con le proprie capacità psico-fisico
  • acquisire nuove conoscenze
  • scoprire nuovi aspetti della vita e del territorio
  • bisogni estetici (estetica ed autorealizzazione)
  • scoprire qualcosa di nuovo
  • coinvolgimento
  • facile accesso alla location
  • parcheggi adeguati
  • tempi limitati di attesa (per accedere alla location, prima che inizi l’evento)
  • servizi di supporto (es servizi igienici in sufficienza e puliti)
  • evasione
  • non rimanere alzati durante un eventuale spettacolo
  • poltrone o sedie comode
  • adeguata visibilità della scena
  • temperatura adeguata durante l’evento (né troppo alta né troppo bassa)
  • suono adeguato (né troppo forte né troppo piano)
  • possibilità di provare (performer)

In caso, ad esempio, di Dinner Experience:

  • Igiene e pulizia dei locali
  • L’igiene delle posate, dei piatti, dei bicchieri e degli altri elementi del servizio
  • La presentazione e l’igiene del personale
  • La qualità e i dettagli del menu.
  • Qualità di presentazione dei piatti
  • sedie comode
  • che non ci siano eventi in contemporanea con cui entrare in conflitto
  • adeguata visibilità della scena se contemporaneamente si svolgono eventi durante l’esperienza enogastronomica

Se ad un concerto ti tocca il posto sbagliato

Se anche al teatro ti tocca il posto sbagliato

Ristoranti nelle vicinanze di $ {city} - $ {brandName}
Aspettative implicite: accoglienza

Pizza bruciata - Foto di Il Casale, Roma - Tripadvisor

Aspettative implicite: pizza non bruciata

Una poltrona leggermente scomoda

Pasta scotta: ecco come trasformarla in un piatto ottimo!

Aspettative implicite: pasta non scotta

Scopri come ottimizzare le attese al ristorante| EasyCassa

Aspettative implicite: tempi di attesa accettabili

Ferrara, a cena sotto l'ombrello nonostante la pioggia battente - Foto Tgcom24

Aspettative implicite: posti adeguati

Aspettative cogenti (obbligatorie)

Le aspettative cogenti riguardano il rispetto delle norme giuridiche, regolamenti e requisiti tecnici obbligatori, spesso non immediatamente visibili o noti al fruitore dell’esperienza, ma la cui osservanza è fondamentale. Si tratta di aspetti che non possono essere negoziati, in quanto stabiliti da leggi o standard di riferimento, e che contribuiscono a tutelare la salute, la sicurezza, i diritti e la dignità dei partecipanti.

Esempi di ambiti regolati da aspettative cogenti:

  • Privacy: rispetto della normativa sul trattamento dei dati personali (es. GDPR), con informative chiare e consenso esplicito per la raccolta di dati.
  • Sicurezza: rispetto delle norme sulla sicurezza degli ambienti e delle persone (es. presenza di estintori, uscite di emergenza segnalate e agibili, piani di evacuazione).
  • Igiene degli alimenti: applicazione del protocollo HACCP per tutte le esperienze che prevedono manipolazione o somministrazione di cibo e bevande.
  • Diritti dell’utente/turista: adempimento degli obblighi di trasparenza, correttezza contrattuale e tutela del consumatore (es. politiche di rimborso, informazioni sulle condizioni di cancellazione).
  • Informative obbligatorie: indicazioni su allergeni, presenza di prodotti chimici o rischi legati all’utilizzo di strumenti, dispositivi o sostanze durante l’esperienza.
  • Accessibilità: segnaletica adeguata, spazi riservati a persone con disabilità, punti di accesso regolamentari.

Il Bisogno di Esperienza nella scala di Maslow

Maslow e la piramide dei bisogni - Psicoadvisor | Psicoadvisor

Nella celebre gerarchia dei bisogni di Abraham H. Maslow, i bisogni umani sono organizzati in una piramide che va dai più fondamentali (fisiologici e di sicurezza) a quelli più elevati, legati alla realizzazione personale. In questa scala, il bisogno di esperienza – inteso non solo come partecipazione a eventi o attività, ma come coinvolgimento sensoriale, emotivo, estetico e cognitivo – si colloca nelle fasce superiori della piramide.

In particolare, esso risponde:

  • al bisogno estetico, che riguarda la ricerca di armonia, bellezza, ordine e coerenza sensoriale;
  • al bisogno di autorealizzazione, cioè il desiderio di esprimere pienamente sé stessi, di apprendere, creare, crescere e vivere esperienze significative.

Un’esperienza ben progettata, quindi, non si limita a soddisfare un bisogno pratico, ma può contribuire a elevare il livello di soddisfazione personale, permettendo all’individuo di esplorare la propria identità, rafforzare il senso di appartenenza e stimolare una connessione profonda con il mondo che lo circonda. Per questo, il bisogno di esperienza può essere considerato una forma evoluta di bisogno umano, che integra piacere sensoriale, stimolo emotivo e crescita interiore.

Lezione 5. Il concetto di rischio

La gestione del rischio nel senso ampio del termine è ormai trattata in molti settori (disciplina del risk management), non solo al settore della sicurezza nei luoghi di lavoro.

Ecco, quindi, altre definizioni utile ad una visione più ampia della problematica:

OHSAS 18001: Rischio «Combinazione della probabilità e della conseguenza del verificarsi di uno specifico evento pericoloso»

Questa definizione è abbastanza chiara: il rischio è un evento che potrebbe capitarci e che potrebbe avere delle conseguenze negative

Dalla norma UNI EN ISO9001:2015

rischio: Effetto dell’incertezza

  • Un effetto è uno scostamento da quanto atteso – positivo o negativo
  • L’incertezza è lo stato, anche parziale, di carenza di informazioni relative alla comprensione o conoscenza di un evento, delle sue conseguenze o della loro probabilità
  • Il rischio è spesso caratterizzato dal riferimento a potenziali eventi (come definito nella Guida ISO 73:2009, punto 3.5.1.3) e conseguenze (come definito nella Guida ISO 73:2009, punto 3.6.1.3), o ad una loro combinazione.
  • Il rischio è frequentemente espresso in termini di combinazione delle conseguenze di un evento
  • Il termine “rischio” è a volte utilizzato quando ci sia la possibilità solo di conseguenze negative

.

UNI ISO 31000: Rischio «Effetto dell’incertezza sugli obiettivi»

Quest’ultima definizione è a prima vista poco chiara: sembra suggerire che il rischio dipende dall’incertezza (non dagli eventi) e dalle conseguenze che l’incertezza ha sui nostri obiettivi

 

Il rischio è l’effetto dell’incertezza sugli obiettivi

Effetto = scostamento (positivo o negativo) da un risultato atteso

Incertezza = stato anche parziale, di assenza di informazioni relative alla comprensione di un evento, delle sue conseguenze e della sua verosimiglianza (=probabilità)

La gestione del rischio, inteso nel suo senso più ampio del termine, tratta esplicitamente l’incertezza. La gestione del rischio tiene conto esplicitamente dell’incertezza, della natura di tale incertezza e di come può essere affrontata.

Immagine che contiene diagramma, linea, schermata Il contenuto generato dall'IA potrebbe non essere corretto.

Anche la nuova norma ISO 9001:2015 sui sistemi di Gestione per la Qualità  introduce per la prima volta il requisito del ” il risk assessment estendendo il concetto di rischio anche ai processi aziendali e non limitandosi come eravamo abituati all’ottica di valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza sul lavoro.

La ISO9001 riprende i vari passi dell’approccio al rischio come definiti dalla norma ISO31000 che avremo modo di vedere più dettagliatamente più avanti:

Immagine che contiene testo Il contenuto generato dall'IA potrebbe non essere corretto.

Tutte le attività di un’organizzazione comportano dei rischi: la loro gestione può essere applicata in qualsiasi momento a un’intera organizzazione, alle sue numerose aree e livelli, così come alle specifiche funzioni, progetti e attività.

Applicabile a qualunque tipo di rischio, (e quindi non solo a quelli relativi alla sicurezza dei luoghi di lavoro) è la UNI ISO 31000:2010  “Gestione del rischio – Principi e linee guida”

La norma, (emessa in inizialmente in inglese con il nome ISO 31000:2009), può essere utilizzata da imprese pubbliche, private o sociali, associazioni, gruppi o individui e, pertanto, non è specifica per alcuna industria o settore.

Per far sì che la gestione del rischio sia efficace, un’organizzazione dovrebbe, a tutti i livelli, seguire gli 11 principi riportati nella norma; il successo della gestione del rischio dipende inoltre dall’efficacia della struttura gestionale di riferimento, che definisce le basi e gli assetti organizzativi per progettare, attuare e migliorare in continuo la gestione del rischio, nonché per integrare la stessa all’interno dell’organizzazione.

 

A tal fine, la norma fornisce indicazioni relative a:

  • l’impegno costante da parte della direzione per l’introduzione di una efficace gestione del rischio e per la relativa definizione di politica e obiettivi
  • la progettazione della struttura di riferimento per gestire il rischio
  • la definizione delle responsabilità
  • l’integrazione della gestione del rischio nei processi organizzativi
  • l’assegnazione delle risorse
  • i meccanismi di comunicazione e reporting (interni ed esterni)
  • l’attuazione della gestione del rischio
  • il monitoraggio, il riesame e il miglioramento continuo della struttura di riferimento.

Il processo di gestione del rischio comprende, come indicato nella norma, un piano per la comunicazione e consultazione degli stakeholder, la definizione del contesto, l’identificazione e l’analisi del rischio, la sua ponderazione, trattamento, monitoraggio e riesame e la registrazione del processo stesso.

La UNI ISO 31000 è l’adozione nazionale – in lingua italiana – della norma internazionale elaborata dal comitato tecnico ISO/TMB WG “Risk management”.

A livello nazionale il tema della gestione del rischio è di competenza della Commissione tecnica UNI“Sicurezza della società e del cittadino”, Sotto- Commissione “Gestione del rischio”.

Per definire invece i termini di base relativi alla gestione del rischio, nel catalogo UNI è presente la norma UNI 11230 “Gestione del rischio – Vocabolario che costituisce un riferimento generale applicabile a tutte le organizzazioni, al fine di promuovere un approccio coerente per la descrizione della gestione del rischio e l’utilizzo della terminologia pertinente.

Lezione 6. Altri termini e concetti base per la qualità

Alcune definizioni che possono essere utili:

Requisito: Esigenza o aspettativa che può essere esplicita, generalmente implicita oppure obbligatoria

Organizzazione: Persona o gruppo di persone avente funzioni proprie con responsabilità, autorità e relazioni per conseguire i propri obiettivi.

Nota: Il concetto di organizzazione comprende, in termini non esaustivi, singoli operatori, società, gruppi, aziende, imprese, autorità, partnership, associazioni, enti di beneficenza o istituzioni, o loro parti o combinazioni, costituiti in persona giuridica o meno, pubblici o privati.

Obiettivo: Risultato da conseguire.

Note:

Un obiettivo può essere strategico, tattico od operativo.

Gli obiettivi possono riguardare differenti discipline (quali obiettivi finanziari, di salute e sicurezza e ambientali) e si possono applicare a livelli differenti (come quello strategico, dell’intera organizzazione, di progetto, di prodotto e di processo.

Un obiettivo può essere espresso in altre forme, per esempio come un esito atteso, una finalità, un criterio operativo, come un obiettivo per la qualità o ancora attraverso l’utilizzo di altri termini di significato analogo (per esempio, intento, scopo, o traguardo).

Nel contesto dei sistemi di gestione per la qualità, gli obiettivi per la qualità sono fissati dall’ organizzazione, in coerenza con la politica per la qualità, per conseguire specifici risultati

Obiettivo per la qualità: Obiettivo relativo alla qualità.

Nota: Gli obiettivi per la qualità si basano generalmente sulla politica per la qualità dell’organizzazione. Gli obiettivi per la qualità sono generalmente specificati per le funzioni, i livelli ed i processi pertinenti nell’ organizzazione.

Successo: Conseguimento di un obiettivo.

Nota: Il successo di un’ organizzazione enfatizza l’esigenza di un equilibrio tra i suoi interessi economici o finanziari e le esigenze delle sue parti interessate, quali clienti, utilizzatori, investitori/azionisti (proprietari), persone all’interno dell’organizzazione, tornitori, partner, gruppi di interesse e comunità.

Miglioramento: Attività per accrescere le prestazioni.

Nota attività può essere ricorrente o singola.

Miglioramento continuo: Attività ricorrente per accrescere le prestazioni.

Nota Il processo di definizione degli obiettivi e di individuazione delle opportunità di miglioramento è un processo continuo che utilizza le risultanze dell’audit e le conclusioni dell’audit, l’analisi dei dati, i riesami di direzione o altri mezzi e comporta generalmente azioni correttive o azioni preventive-

Miglioramento della qualità: Parte della gestione per la qualità focalìzzata sull’accrescere la capacità di soddisfare i requisiti per la qualità.

Nota: I requisiti per la qualità possono riguardare aspetti quali l’efficacia, l’ efficienza o la rintracciabilità.

Politica: Orientamenti e indirizzi di un’ organizzazione espressi in modo formale dalla sua alta direzione.

Politica per la qualità: Politica relativa alla qualità.

Nota 1 Generalmente la politica per la qualità è coerente con la politica complessiva dell’ organizzazione, può essere allineata con la vision e con la mission dell’organizzazione e fornisce un quadro di riferimento per individuare gli obiettivi per la qualità.

Nota 2 I principi di gestione per la qualità presentati nella presente norma internazionale possono costituire una base per stabilire una politica per la qualità.

Vision: Aspirazione di ciò che un’ organizzazione desidera diventare, come espressa dall’alta direzione.

Mission: Scopo dell’esistenza di un’ organizzazione, come espresso dall’ alta direzione.

Strategia: Piano per conseguire un obiettivo dì lungo termine o complessivo.

Efficienza: Rapporto tra il risultato conseguito e le risorse utilizzate.

Efficacia: Grado di realizzazione delle attività pianificate e di conseguimento dei risultati pianificati.

Sistema Cliente. Per Sistema Cliente si intende quel sistema che vede al suo interno non solo la committenza eventualmente “pagante” ma anche i fruitori diretti e indiretti del servizio erogato (collettività, medici, sistema sanitario nazionale, aziende, ecc.).

Evidenza oggettiva: Dati che supportano l’esistenza o la veridicità di qualcosa.

Note:

L’evidenza oggettiva può essere ottenuta mediante osservazioni, misurazioni, prove, o altri mezzi.

L’evidenza oggettiva ai fini dell’audit consiste generalmente in registrazioni, dichiarazioni di fatti o altre informazioni che sono pertinenti ai criteri dell’audit e verificabili

Le verifiche ispettive (audit):

Nel contesto della gestione della qualità esperienziale, le verifiche ispettive (audit) rappresentano uno strumento fondamentale per garantire che il Sistema di Gestione delle Esperienze (SGE) sia:

  • conforme ai requisiti previsti dal modello o dalla scheda di gestione adottata (es. Modello delle 4Q, standard interni, criteri di marchio di qualità);
  • efficacemente attuato;
  • costantemente aggiornato e migliorato nel tempo.

L’organizzazione dovrebbe prevedere audit interni a intervalli pianificati, ma anche audit straordinari in risposta a criticità, segnalazioni o nuove esigenze progettuali.

Tipologie di Audit

Le verifiche possono essere classificate secondo la seguente tipologia:

1. Audit di Prima Parte (Audit Interni)

Sono condotti all’interno dell’organizzazione che gestisce o eroga l’esperienza.

Finalità principali:

  • Verifica del rispetto degli standard interni e dei protocolli di erogazione;
  • Supporto al riesame della direzione;
  • Monitoraggio della coerenza tra esperienza progettata e esperienza realmente erogata;
  • Preparazione a eventuali audit esterni (per certificazioni, riconoscimenti o committenze pubbliche/istituzionali).

Caratteristiche:

  • Possono essere effettuati da personale interno formato o da figure esterne incaricate dall’organizzazione.
  • Possono essere programmati (piano annuale di audit) o non programmati (in caso di non conformità, reclami, variazioni organizzative).

Principio di imparzialità:

È fondamentale garantire l’indipendenza dell’auditor rispetto all’area o processo sottoposto a verifica: chi controlla non deve essere coinvolto direttamente nella gestione dell’area auditata. Se si utilizzano solo risorse interne, è consigliabile formare più auditor per consentire la rotazione e l’interscambio dei ruoli nelle diverse aree.

2. Audit di Seconda Parte

Sono effettuati da clienti, committenti o partner strategici sull’organizzazione erogatrice dell’esperienza.

Finalità:

  • Verifica del rispetto di specifici requisiti contrattuali o standard condivisi;
  • Controllo di conformità da parte di enti finanziatori, committenti pubblici, agenzie turistiche, ecc.;
  • Valutazione periodica dei fornitori da parte di reti territoriali o cluster esperienziali.

Esempio applicativo:

Un ente pubblico che promuove eventi culturali certificati potrebbe effettuare audit di seconda parte sugli enti partner per verificare la coerenza con i criteri del marchio territoriale adottato.

3. Audit di Terza Parte

Sono condotti da organismi indipendenti esterni all’organizzazione, generalmente ai fini della certificazione, dell’accreditamento o del riconoscimento ufficiale di un Sistema di Gestione Esperienziale.

Finalità:

  • Certificazione ISO (es. ISO 9001 per la qualità, ISO 20121 per eventi sostenibili);
  • Riconoscimento di marchi di qualità settoriali (es. “Marchio di Qualità Esperienziale”);
  • Audit previsti in bandi pubblici o progetti europei per la valutazione di qualità, impatto e sostenibilità.

Esempio:

Una struttura museale che desidera ottenere la certificazione di “Centro di Interpretazione del Patrimonio” può essere sottoposta a un audit di terza parte per verificare la piena aderenza ai 18 principi interpretativi e ai criteri metodologici previsti.

In Conclusione

Gli audit, intesi come strumenti di valutazione sistematica e oggettiva, sono indispensabili per:

  • monitorare l’efficacia del sistema di gestione esperienziale;
  • identificare non conformità, aree critiche o potenziali miglioramenti;
  • costruire una cultura della qualità e della responsabilità condivisa;
  • favorire l’apprendimento organizzativo e il miglioramento continuo.

Nel Quality Management per le esperienze, l’audit non è un semplice controllo, ma un processo partecipativo e costruttivo, orientato al valore per il fruitore e alla crescita dell’organizzazione.

  1. Ignazio Caloggero: Heritage Interpretation : Origini, Fondamenti e Approcci Teorici – Centro Studi Helios 2025
  2. Ignazio Caloggero: Heritage Interpretation : Origini, Fondamenti e Approcci Teorici – Centro Studi Helios 2025